SAREMO (ANNI 80)

Lo chiamavano varietà By Tobia Teardo

Illustrazioni di Massimo Manzali

10 minuti di lettura




 
ANNI 80


Sanremo ha una pretesa, quella di voler essere lo specchio della società Italiana. Ci prova. 

Spesso non riesce ma si ostina a provarci. Un compito così complesso porta spesso ad un inevitabile fallimento, questo è chiaro e non deve imbarazzare nessuno (la sconfitta è parte del gioco). Ma anche nella resa si può essere onorevoli.

In questo caso no. Sanremo si arroga il diritto di parlare per tutti ma non assomiglia a nessuno. Parla solo per se stesso. Vuole mostrare una Nazione moderna (e quindi più americana possibile) e avanzata. Evitando di scontrarsi e confrontarsi con una realtà fatta di attacchi terroristici, rapimenti ed inquietanti misteri.

Subito dopo l’edizione del 1980 arriveremo al culmine degli attentati:

Il 27 giugno del 1980 precipita nei pressi di Ustica un aeroplano della compagnia italiana Itavia. L'aereo con a bordo 81 passeggieri esplode in volo. Non ci sono superstiti. Nessuno sa nulla. Mistero.

Il 2 agosto una bomba esplode alla stazione di Bologna causando la morte di 85 persone e provocando oltre 200 feriti; la strage di Bologna è il più grave attentato nella storia repubblicana d'Italia.

Non sono fatti slegati dal contesto storico. Essi appartengono pienamente al epoca degli anni di piombo, delle contestazioni e delle società segrete.

Sanremo si tappa le orecchie e produce una delle edizioni più apocalittiche mai viste prima:

Vince Toto Cotugno (il Master di Sanremo) con “Solo noi”. Notevole la partecipazione di Pupo con “Su di noi” che si classifica terzo.


doc00803920211202103930_001jpg


Toto Cotugno era come il cattivo stereotipato degli Anime: vuole conquistare l’universo perché da piccolo lo prendevano in giro. Quando non vinceva direttamente il Festival lo vincevano le sue canzoni portate da altri artisti. Era uno spacciatore di canzoni professionista, poteva piazzare i propri testi anche fra le principali celebrità dell’epoca come Celentano o i Ricchi e Poveri. Per tutta la durata degli anni ottanta sarà una figura fissa nel palinsesto Sanremese collezionando importanti risultati sia come piazzamento in classifica che nelle vendite. L’Italia di Sanremo è Toto Cotugno.

“Solo noi” non è una bella canzone. Forse non è neanche una canzone. È un elenco di frasi fatte talvolta urlate, altre volte stonate. Ma Cotugno ha un potere ipnotico. Il pubblico in sala soggiogato, la giuria impaurita, sono tutti intimoriti dall’aura di questo signore della mala musicale.

Nel 1981 vince una donna, Alice. Toto Cotugno non può partecipare perché quell’anno lo passa rinchiuso in un ampolla per effetto dell’onda dell’arginamento demoniaco. Ma ne uscirà più forte di prima.

Dicevamo, Alice vince il torneo Tenchaici-Sanremo sfidando alcuni dei mostri sacri della musica leggera: quell’anno ci sono I Ricchi e Poveri con “Sarà perché ti amo”, Eduardo De Crescenzo con “Ancora”, Loretta Goggi con “Maledetta Primavera” e Fiorella Mannoia con “Caffè nero bollente”. Insomma, una sfida senza esclusione di colpi, dove Alice, all’anagrafe Carla Bissi, riesce a dire la sua pur contro personalità di spicco e voci incredibili. Le performance quell’anno sono di un altro livello. La Goggi sembra insuperabile, sfodera un’ugola con livello di forza impressionante. Fiorella Mannoia è costretta ad usare un doppio Kaio ken per pareggiarla in potenza. Ma poi arriva il turno di Alice: con un onda energetica canora sostenuta dal grande maestro Battiato, polverizza i concorrenti vincendo di alcune misure.

“Sarà perché ti amo” vince comunque in ogni altra classifica di vendite per molte settimane, in alcune nazioni, addirittura, per alcuni anni, diventando leggendaria.


doc00804120211202104013_001jpg


1982 vince Riccardo Fogli con “Storie di tutti i giorni”. Bella canzone, intensa al punto giusto. Nulla da dire. Se non che in gara c’è anche Mia Martina con “E non finisce mica il cielo” scritta da Fossati, una perla rara espressa dalla (e lo dico senza paura di smentite) massima interprete della musica italiana.

Ah, giusto, ci sono anche Al Bano e Romina Power con “Felicità”. Lo segnalo gusto per amor di completezza.

Al festival del 1983 torna Toto Cotugno, liberato finalmente dalla sua prigione, si presenta con “L’italiano” canzone inizialmente composta per il solito Adriano Celentano. A vincere sarà Tiziana Rivale con “Sarà quel che sarà” ma non la ricorda nessuno. Tutti ricordano solo “L’italiano”. Al massimo ricordano “Vita spericolata” di Vasco. O “Vacanze romane” dei Matia Bazar. Ma sicuramente nessuno ricorda “Sarà quel che sarà” e non perché le altre canzoni abbiano avuto un riscontro di pubblico maggiore (certo, questo aiuta) ma proprio per via dell’inutilità della canzone stessa. In poche parole: vecchia e fuori tempo massimo.

Il regno di Toto può ricominciare. “L’italiano” venderà più di 100 milioni di copie e verrà tradotta in quasi tutte le lingue del mondo (anche in finlandese). Ma non è solo un prodotto ben distribuito, è finalmente un testo che parla del Italia di quel momento, una testimonianza di un periodo storico.

Nel 1984 muore Berlinguer. E potremmo anche tralasciare il resto.


doc00804320211202104048_001jpg


Forse, unica nota che mi sento di fare sul Festival, è la presenza nella sezione Nuove Proposte di Eros Ramazzotti con “Una terra promessa”. Mentre i vincitore della sezione canonica saranno Al Bano e Romina Power con “Ci sarà” e Cotugno secondo con “Serenata”.

Nel 1985 vincono i “Ricchi e Poveri” con “Se m’innamoro”. Dopo anni di tentativi, giunti al culmine della popolarità, il gruppo Genovese corona la propria carriera con un’importante conferma. Lo stesso anno verrà premiato in quella sede anche Claudio Baglioni per “Piccolo grande amore” definita canzone d’amore del secolo. Sono abbastanza d’accordo. Bello, affascinante con una voce rauca e squillante: nella mia prossima vita voglio essere Baglioni.

Cotugno continua a mietere successi utilizzando come marionetta il povero Luis Miguel che canta la sua “Noi, ragazzi di oggi” piazzandosi secondo.

Con “Adesso tu” Eros Ramazzotti chiarisce a tutti che non è più un giovinetto vincendo il Festival del 1986 in grande stile. La canzone è spiazzante, racconta di borgate ed amori difficili e rappresenta una delle mie preferite della mia personalissima top 10 delle canzoni vincitrici di Sanremo. Nel frattempo Cotugno ottiene un buon quarto posto con “Azzurra Malinconia” e l’immensa nube di Chernobyl inizia ad intimorire tutta Europa (mi piace accostare questi fatti).

1987 appaiono all’orizzonte i cavalieri dell’zodiaco della musica popolare: il trio Tozzi, Morandi, Ruggeri cercano di salvare il mondo dalla minaccia di Toto Cotugno. Arriveranno primi con “Si può fare di più” ad un soffio dal Cotugno che si piazzerà secondo con “Figli”.

Nel 1988 sono nato io. Il mitico Tobia Teardo. Massimo Ranieri mi dedica “Perdere l’amore” in assoluto la mia canzone preferita fra le vincitrici, esplosa dalla voce senza età di uno dei miei artisti preferiti. Cotugno ancora secondo con “Emozioni” ma fra i due c’è un abisso. Ranieri riporta la pace nel mondo e dà lezioni di canto a mezza Sanremo che non riesce ad evitare di strillacchiare e stonare. Mitico Massimo Decimo Meridio Ranieri.

1989: Anna Oxa e Fausto Leali vincono con “Ti lascerò” e la decade si conclude. Sempre con Toto Cotugno secondo con “Le Mamme”. 

 doc00804520211202104124_001jpg