Night in the Woods: sogno di una notte di mezzo autunno

The Principle By Alessandro Scorsino


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Eccomi di nuovo ad ammorbarvi con giochi indie sconosciuti ai più. Oggi è il turno di “Night in the Woods”. Quest'opera parla di molte cose: la nostalgia, la perdita, il senso di impotenza di fronte al destino, le infinite possibilità davanti a noi, la decadenza e l'oblio. In poche parole, Night in the Woods parla di quel difficile momento nella vita di noi tutti in cui abbandoniamo le turbolenze dell'adolescenza per affacciarci alle responsabilità della vita adulta, e lo fa utilizzando alcuni dei personaggi più umani di cui abbia mai ascoltato le storie, creando una profonda dissonanza con il loro aspetto di animali antropomorfi. La scrittura dei dialoghi, lasciatemelo dire, è una delle più brillanti, ironiche e profonde che abbia mai avuto la fortuna di leggere.

Mae Borowski è una ragazza simil-gatto di 20 anni che ritorna nel suo paese natale dopo aver abbandonato gli studi universitari. Come tutti i personaggi di questa storia, anche la protagonista ha fattezze animali di cui condivide in parte alcuni tratti caratteristici. Oltre all'aspetto, infatti, ha in comune con i felini una stazza minuta e agile ed un comportamento iperattivo. Durante la sua lunga assenza, ben poco è cambiato nella cittadina di Possum Springs, sempre immutabile nel suo quieto vivere ma stranamente diversa da come la ricordava. Chiunque (compreso chi scrive) sia mai tornato a casa in provincia dopo aver passato anni a studiare in una grande città universitaria, sa a cosa mi riferisco. Non è il posto a cambiare ma è la nostra percezione di esso, mutuata dalle esperienze fatte.

Arrivata in stazione, però, Mae non trova i suoi genitori ad accoglierla, sembra si siano dimenticati del suo arrivo. Sarà così costretta a tornare a casa nel buio della notte da sola. Rincasata, si ricongiungerà finalmente alla sua famiglia, che avrà un atteggiamento sì affettuoso ma anche distaccato. Non ci vorrà molto a scoprire il perché: i genitori di Mae si sono profondamente indebitati, ipotecando la casa, per permetterle di studiare, e non hanno preso particolarmente bene la notizia del suo abbandono dell'università.

L'ottimismo innato della protagonista, però, non si fa abbattere dagli screzi con la famiglia. L'indomani, si metterà alla ricerca dei suoi amici d'infanzia rimasti a vivere a Possum Springs. Facciamo così la conoscenza di Bea, una ragazza alligatore, punk e scontrosa, e Gregg, un simpatico volpoide, non particolarmente intelligente ma sempre pronto a tirare su di morale i suoi compagni.

A questo variegato gruppo si unirà, in breve tempo, anche Angus, un orsacchiotto tranquillo e pacato, fidanzato di Gregg. Le giornate passano tra varie uscite di gruppo ed individuali, nelle quali potremo scegliere chi frequentare di volta in volta. Questo dona rigiocabilità al titolo se si fosse curiosi di scoprire cosa sarebbe successo nel caso in cui avessimo deciso di approfondire una diversa relazione.


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Mae, la nostra protagonista, è ansiosa di riconnettersi con i vecchi amici e, con loro, di passare le giornate in allegria com'era un tempo, quando erano più piccoli, gironzolando e bighellonando per la placida cittadina. Purtroppo, però, le cose non sono più come se le ricordava. Gregg e Angus formano ormai una coppia fissa e, nel giro di un anno, andranno a vivere nella grande città a due ore di distanza. Bea, una volta la sua migliore amica, è ormai distaccata e risponde in modo seccato alle battute di Mae.

È proprio sulla storia di questa rettiliana ribelle che vorrei concentrarmi. Tra le varie vicende dei comprimari, è quella che personalmente più mi ha colpito. Uscendo con lei, scopriremo i suoi tragici trascorsi, non molto dissimili in realtà da quelli che possiamo trovare proprio intorno a noi, tra le nostre conoscenze. La sua vita è stata stravolta dalla morte di sua madre qualche anno prima, cosa che ha portato al crollo emotivo del padre. Non più capaci di mantenere una grande casa, si sono visti costretti a trasferirsi in un appartamento più piccolo. Bea adorava quella casa, era il posto in cui era cresciuta e in cui albergavano tutti i ricordi della sua infanzia. Il tracollo del padre, inoltre, l'ha costretta ad andare a lavorare per mantenere se stessa e il suo unico genitore rimasto che passa le giornate recluso a guardare la TV. Bea sa che non può abbandonarlo, non ce la farebbe senza di lei, ma allo stesso tempo vorrebbe lasciare tutto ed andare via per vivere la sua vita. In uno degli appuntamenti trascinerà Mae in un viaggio in auto di due ore per raggiungere la città universitaria più vicina. Bea ci si reca una volta al mese per fingere di essere anch'essa una studentessa e poter assaporare la vita che sogna. È l'unica fuga dalla realtà che si concede. E questo è proprio il motivo per cui non riesce più a rapportarsi con la protagonista: Mae aveva tutto quello che lei ha sempre desiderato, ma ha gettato via quella possibilità che per lei è solo un miraggio, l'opportunità di essere una ragazza normale e di vedere un futuro davanti a sé. Alla fine, parlandole, l'amicizia tornerà a rifiorire. Mae e Bea sono due outsider in questo mondo ma, perlomeno, possono essere emarginate insieme.

La sinossi di questa storia non rende giustizia alla finezza e all'emotività dei dialoghi che echeggiano con le corde dell'anima del giocatore, trasformandosi in dolci pugnalate al cuore. E non sarà l'unico caso in quel di Possum Springs.

La cittadina è il classico posto tranquillo in cui tutti si conoscono. Il paese era un tempo ridente grazie alle miniere del suo sottosuolo, ma il loro esaurimento ha provocato lo spopolamento e la perdita di lavoro di molti. Diverse attività economiche sono andate fallite e chi è rimasto cerca di cavarsela come meglio può. La stagione autunnale in cui è ambientato il gioco non fa che aumentare la percezione di una serena e pacifica decadenza. Avremo la possibilità di parlare con gli abitanti e seguirne le vicende durante lo scorrere delle giornate, opportunità che consiglio vivamente di cogliere. Ognuno dei residenti, infatti, è caratterizzato splendidamente, e sarà impossibile rimanere indifferenti alle loro vite, ai loro pensieri e ai loro sogni: come Bruce, clochard che vive ai margini della città. Un tempo lavoratore nelle miniere durante gli anni '70, Bruce è ormai ridotto nella condizione di senza tetto. Ha perso completamente il rapporto con sua figlia che si è trasferita lontano, ed è ritornato di recente in città dopo i suoi vari vagabondaggi. La Pastore della Chiesa del paese (di una religione non meglio specificata) cerca, senza successo, di convincere il Consiglio cittadino a permettergli di dormire dentro l'edificio ecclesiastico e Bruce si sentirà per questo un peso per lei. Alla fine, le lascerà un biglietto in cui chiederà scusa per i problemi che ha causato, e dove manifesterà la volontà di salire su di un treno merci e ricongiungersi alla figlia. È incerto, in realtà, il suo destino ma, dall'espressione e dalle parole della Pastore, ci rimarrà il dubbio riguardo al fatto che Bruce abbia compiuto o meno l'estremo gesto.


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A tutta questa umanità fanno da contraltare i sogni apocalittici della protagonista, in cui creature mostruose annunciano la fine del mondo. A queste esperienze oniriche si mescolano strani avvenimenti nella apparente serena cittadina: oscure sparizioni. Non indugerò ulteriormente su questo mistero, desidero che sia il lettore a scoprirlo se avrà interesse ad affrontare l'opera. Ma voglio comunque lasciare un ultimo indizio: se ne aveste la possibilità, cosa sareste disposti a fare per tornare ad un tempo più felice, quando tutto sembrava più semplice e la vita appariva senza problemi, quando il mondo dava l'impressione di essere immenso e pieno di speranze?

Ognuno di voi cerchi la propria verità, io risponderò citando le seguenti parole:

“Quando i miei amici se ne andranno, quando dovrò lasciarli andare, quando questa intera città sarà cancellata dalle mappe, io voglio che faccia male. Tanto. Voglio sentirmi persa, voglio sentirmi sbattuta a terra. Voglio resistere fino a quando non ce la farò più e tutto finirà. E sai cosa? Finché questo non succederà, voglio sperare di nuovo. E voglio che faccia male. Perché vuol dire che è significato qualcosa. Vuol dire che io sono qualcosa, almeno... abbastanza figo essere qualcosa, almeno...”