MODENA PLAY 2021

16 minuti di lettura

Siamo stati al Modena Play 2021 con tutta la ciurma. A seguire vi proponiamo alcuni interventi dello staff di Golem's Lab. Buona Lettura


foto 1jpeg

Federico Scolari:


Modena Play 2021 non è solo giochi da tavolo e di ruolo, ma anche giochi di ruolo dal
vivo, i cosiddetti LARP (Live Action Role-Playing). Per chi non li conoscesse, si tratta di
giochi in cui si interpretano personaggi per dare vita a una storia.
Ricordate quando da piccoli si giocava al “facciamo finta che io sono…” (il poliziotto, il
ladro, la mamma, la figlia)? Ecco: i LARP ricreano queste dinamiche.
Ai partecipanti vengono fornite delle linee guida per impersonare al meglio il proprio
alter ego e delle indicazioni sull’ambientazione e la trama del gioco. Può sembrare simile
all’improvvisazione teatrale, ma la grande differenza è che non sono ammessi spettatori:
per sentirsi totalmente immersi e a proprio agio, occorre che tutti partecipino attivamente
alle scene. Ma state tranquilli, non serve alcun tipo di esperienza, solo tanta voglia di
mettersi in gioco.
La durata dei LARP è variabile: ci sono eventi di 2-3 giorni con ambientazione e costumi
a tema, e giochi molto più brevi (1-2 ore) che non necessitano di un setting specifico.
Questa tipologia è detta LARP “da camera” ed è quella proposta al Modena Play dalla
Chaos League che, con oltre 20 anni di esperienza, è un pilastro della scena LARP
italiana ed europea.
È così che abbiamo avuto l’opportunità di vestire i panni di quattro rapinatori in una
rocambolesca fuga di atmosfera tarantiniana e quelli di un povero sventurato costretto a
rivivere in loop lo stesso giorno, come nel film “Ricomincio da capo” (Groundhog Day).
Il viaggio all’interno del Modena Play non finisce qui.

Spazio non meno importante viene dato ai wargame, giochi da tavolo strategici basati sul
voler rappresentare una battaglia tra eserciti spesso tratta da un evento storico
realmente accaduto o immaginario. Quelli su cui mi sono soffermato maggiormente sono
stati i wargame tridimensionali: rispetto ai primi includono l’uso di miniature ed elementi
scenici che vengono assemblati e dipinti a mano dagli stessi giocatori, includendo così
l’arte del modellismo nel gioco da tavolo. Di questa categoria i più famosi sono
sicuramente Warhammer Fantasy, Warhammer 40.000 e Il Signore degli Anelli e oltre
alla possibilità di giocarli, era presente un’area espositiva che permetteva di ammirarne
svariati modelli e scenografie mozzafiato ideate da professionisti del settore, i quali si
offrivano di insegnare, tramite dei piccoli workshop, i rudimenti delle tecniche di pittura.

Come titolo emergente ci tengo a fare una menzione d’onore a DemLoc: gioco fantasy dai
toni cupi basato su battaglie in schermaglia fra i vicoli oscuri della città di Dämonen
Loch, sviluppato dal team Bonfire Games. I giocatori dovranno comandare le loro truppe
mercenarie tramite i Capomastri, potenti individui il cui scopo è di portare oro e fama
presso la rispettiva gilda di appartenenza. Gli ingredienti principali sono miniature curate
nel dettaglio, carte riassuntive arricchite da stupende illustrazioni e un app di gioco
integrata che tiene traccia della progressione della partita e molto altro.

Si potrebbe dire che il panorama videoludico fosse totalmente assente al Modena Play
2021, invece, perlomeno, eccovi a sorpresa un piccolo scorcio dedicato ad esso:
Nostalgici Anonimi. Sviluppato da Hufu Interactive Storytelling, si tratta di una visual
novel di fantascienza dove, in un futuro distopico, i sentimenti e le emozioni sono
considerate una malattia della società. Qui entra in gioco il programma Nostalgici Anonimi
gestito dall’androide Angel che si occupa di correggere gli atteggiamenti delle persone non
conformi ai rigidi protocolli vigenti. Fulcro fondamentale del gioco è l’interpretazione di
carte illustrate e la possibilità, data al giocatore, di operare delle scelte, le quali saranno
responsabili del cambiamento dello svolgersi della storia. Il videogioco è ancora in fase di
definizione, ma, nonostante ciò, ne ho avuto un assaggio tramite una demo.


WhatsApp Image 2021-09-07 at 073505 2jpeg


Martina Forasacco

Cosa mai poteva fare una studentessa involontaria di Storia al Modena Play? Seguire la lunga conferenza e presentazione di giochi storici del venerdì mattina, ovviamente! Dalle 10 alle 14 ho scoperto un nuovo sguardo su questa strana coppia: la Public History e il Gioco Storico.

Iniziamo dalle basi: cos’è la Public History? Una disciplina nata in Nord America negli anni ‘70 e da lì diffusasi nel mondo, nella quale “è imprescindibile considerare i pubblici, specialisti e non, sia come interlocutori privilegiati sia come possibili protagonisti di originali pratiche di ricerca”. Un esempio, per restare a Bologna, è il progetto Bologna Metalmeccanic@.

Il Gioco Storico forse lo conoscete meglio: comprende i classici wargame, giochi da tavolo, videogiochi, giochi di ruolo da tavolo e dal vivo, urban games esplorativi e spettacoli ludici, una grande famiglia variegata, ma accomunata dal tema di riferimento. Da questo derivano precisi limiti ma anche un grande potenziale divulgativo e di divertimento che verrà esplorato nella conferenza partendo dalla raccolta di saggi curata da Chiara Asti e presentato da Mirco Zanoni Mettere in Gioco il Passato.

Mi ha subito colpito l’idea che queste discipline generino un paradosso creativo: il “motore a probabilità infinita” del gioco rimescola le carte ordinate della Storia, restituendo loro multidimensionalità e lo scarto d’incertezza che si perde nel raccontare “sempre la solita Storia”. La Storia non è una, e non è La Verità, interviene Renzo Repetti, docente di Storia Moderna presso l’Università di Genova, ed è per questo che i finali multipli e le deviazioni narrative dei giochi generano nuova consapevolezza storica: “Perché proprio quella scelta è stata decisiva? Quali motivi hanno spinto in quella direzione? Posso empatizzare anche con chi fa scelte incondivisibili per me oggi? E cosa comporta questa empatia?” Queste domande vanno a costruire la coscienza civica e spesso vengono sviscerate nel momento finale di debriefing. “Ludicizzare” il racconto storico (azione ben diversa dalla gamification) significa ridargli dinamismo e profondità: laddove solitamente il gioco è l’opposto della serietà, questo si fa portatore di un’esperienza storica seria.

Poi, se il gioco storico è anche una fonte sul mondo che lo crea, come tutti i prodotti culturali, allora nasce dalle esigenze dell’oggi, e consente anche la sublimazione dei temi più caldi. Così, giocare il ruolo del cattivo passato può diventare un vaccino, un modo per entrare in contatto con il male in modo sicuro, senza il rischio di “ammalarsi e diffonderlo” (grazie a Stefano Burchi per la metafora, figlia dei tempi ma molto puntuale). Questa immersione in sicurezza viene resa possibile da ciò che spesso riteniamo un ostacolo: le regole. Come ben sapete, determinando quello che si può o non si può fare nel mondo di gioco, impongono strategie e obiettivi, e nel caso del gioco storico ricreano ciò che si poteva fare o pensare in una data epoca.

Lo scopo non è tanto la riproposizione fedele, ma la creazione di esperienza: la prima fase di costruzione del gioco è sempre la ricerca storica vera e propria, e già nella raccolta fonti si incontrano i punti di svolta e le meccaniche centrali che meglio immergeranno i giocatori nel pensiero e nelle sensazioni di chi ha vissuto le vicende narrate: “La Repubblica Resistente” è un gioco sia competitivo che cooperativo per rendere gli interessi contrastanti che muovevano le azioni dei partigiani. Le fonti stesse diventano materiali di gioco, perché la selezione spesso privilegia quelle che “invitano al gioco”, come spiega Benedetta Pierfederici presentando “Colpo di Stato” e “Chi è Chi”. Ma per terminare il “viaggio nel tempo” manca l’interfaccia comunicativo gioco. Attraverso grafica e linguaggio, oppure attraverso gli altri media scelti (penso alle note vocali di Echi Resistenti, presentato da Chiara Lusuardi) il gioco impone un tono: sceglierne uno significa a volte l’adesione a un’interpretazione. I giocatori di “Stonewall 1969” devono trovare le parole per esprimere l’identità dei personaggi queer al centro della narrazione in un mondo di gioco che offre solo la voce normativa, la voce della società degli anni ’60, che li descriveva negandoli, o per diagnosi.

Alla fine di queste quattro ore, ero esausta e ricca di suggestioni di gioco e di lettura, chissà che al prossimo giro di esami non mi capiti un’ispirazione per un gioco storico…


WhatsApp Image 2021-09-07 at 073505 1jpeg

Tobia Teardo


Play 2021

Bello ritrovarsi. Belli i colori del Modena Play. Bello il viaggio in compagnia e la sensazione di arrivare in un posto che, anno dopo anno, riconosci e ti sa accogliere a braccia tese (e non è solo una questione economica). Belli i Vip di casa nostra, i blogger e gli youtuber sempre pazienti e simpatici. Tutto bello.

C’era bisogno – una sorta di necessità mistica – di riprendere il filo del discorso e dare alla comunità di appassionati uno sguardo sulla società del gioco da tavolo, per capire dove eravamo rimasti, chi ci sta ancora, se fosse la stessa di un tempo. Per quanto mi riguarda, sono anni che mi confronto con essa, mi rivedo in mezzo ai tavoli, nelle file e nelle attese per le demo, e so che quella è la mia gente.

Eppure qualcosa è mancato dal consueto santuario ludico modenese: lacuna probabilmente figlia di una visione nichilista sugli andamenti del mercato fieristico, non mi è sembrato che ci fosse un qualcosa di pensato appositamente per il Play. Certo, c’erano gli editori con i giochi e le demo, c’erano alcune interessanti novità. Ciononostante, in alcuni momenti, mi sono sentito in un grande negozio e nulla più, fra giochi di ogni sorta (alcuni davvero senza infamia ne lode) che strabordavano da scaffali e vetrine e nessuno a coccolarmi. Probabilmente sono solo viziato. Anche se a viziarmi è sempre stato il Play.

Molte aree demo erano prive di dimostratori, addirittura alcuni giochi erano completamente autogestiti.

Cosa che fa storcere il naso era pure l’inspiegabile mancanza di conoscenza di alcuni titoli da parte dello staff delle case editrici…talvolta ci siamo ritrovati a provare giochi con regole parzialmente o del tutto sbagliate. Peccato.

WhatsApp Image 2021-09-07 at 073503 3jpeg

E poi le offerte: vera nota dolente. Poche e per i prodotti sbagliati.

Ma vorrei spendere un paio di parole di encomio rispetto ad alcune case editrici: Cranio Creation e Ghenos Games per la straordinaria ricerca di titoli sensazionali della loro collana. Davvero un lavoro ben fatto. Sono sempre completamente soddisfatto delle loro proposte perché si vede che dietro ad ogni loro prodotto c’è profondissimo studio oltre all’istinto di dare al pubblico solo l’eccellenza.

Fra i miei acquisti spiccano Red Rising, Atlantic Rising, Between two castle di Ghenos Games (il primo mi sta piacendo parecchio); Codex Naturalis e l’espansione di Barrage di Cranio Creation (non vedo l’ora di mettere le mani su Golem, il nuovo gioco di Luciani); GranBosco, Wild Space e Cospiracy (è il sesto che prendiamo) di Playagame edizioni; l’espansione di Res Arcana, Megacity Oceania e Descent di Asmodee.

Gioco più figo della fiera, più ispirato e dal design accattivante: ESPRESSO DOPPIO di Oliphante. Assolutamente da avere. Un esperienza ludica completa ed avvincente. Lo adoro.

WhatsApp Image 2021-09-07 at 073503 2jpeg

Cosimo De Gregorio

Caro diario,

la mia esperienza del Modena Play 2021 è un lieto ritorno nell'ambiente del gioco di ruolo dopo la lunga assenza del 2020. E forse sarà stato questo ritiro forzato dagli ambienti di gioco a permettermi di maturare una prospettiva nuova sulla disciplina, tant'è che tra gli eventi e le demo a cui ho partecipato durante la mia breve permanenza, non voglio parlare dei giochi provati o delle sessioni fatte, bensì della nostra comunità.

Quando si parla del gioco di ruolo solitamente si pensa ad un prodotto, ad una associazione con al brand specifico di D&D, e non al discorso che esiste sul "fare" del gioco di ruolo e su come il gioco divenga sempre più uno strumento per dar voce a culture e comunità oppresse, oltre che medium di messaggi ed esperienze che possono soltanto essere sperimentate sulla propria pelle per poter essere comprese a fondo.

In questo "discorso" si incastrano sia progetti accademici dotati di una certa aura di reverenzialità, come quello di traduzione e pubblicazione del manoscritto seminale sul gioco di Bernard Suits "La cicala e le formiche. Gioco, vita, e utopia", sia progetti di comunità autogestite da appassionati che promuovono nuovi codici etici sul "fare" il gioco di ruolo.

Ma andiamo con ordine.




"La Cicala e le Formiche. Gioco, Vita, e Utopia", è conosciuto come "The Grasshopper: Games, Life and Utopia" in originale, manoscritto filosofico di Bernard Suits pubblicato nel 1978, e finalmente edito e tradotto in italiano dalla Junior Edizioni.  

Immagino che vi chiediate, perchè complicare un discorso semplice e ingenuo come il gioco appesantendolo di discussioni filosofiche, e in che modo questo potrebbe aiutarci a giocare meglio?

Basti pensare per prima cosa che nel manoscritto il termine "Gioco" è inteso come "Play", un termine più labile del giocare al quale siamo abituati nella nostra lingua, che nella sua connotazione anglosassone risulta essere comprensiva di tutte le attività lusorie che inconsapevolmente possono essere appaiate all'atto del giocare.

Cos'è d'altronde il gioco senza pensiero artistico?

Cos'è l'arte senza svago?

Cos'è lo svago senza piacere?

In questo testo Bernard Suits tesse assieme pièce teatrale, dialogo socratico, favola esopica, e parabola evangelica, come farebbe un buon master, tracciando l'incipit di un mistero lasciato da un grande maestro che abbandona il campo ai personaggi, senza fornire soluzioni ma piste ed enigmi da risolvere. In questo senso, prima ancora di qualsiasi altra riflessione, il testo stesso diviene dunque un gioco in cui il lettore viene stimolato a scoprire qual'è il significato del gioco e dell'atto di giocare in sé.

Un testo che dovrebbe far parte della biblioteca di ogni game designer, dato che insegna a riflettere sull’esperienza che si vuole comunicare quando si crea un gioco, e non solamente sull’artefatto fisico che risulta spesso essere unico interesse della produzione editoriale, al contempo chiarendo ed insegnando a chi utilizza il gioco in ambienti ludici ed educativi ciò che viene definita tecnicamente come un'esperienza ludica.

Alla traduzione hanno partecipato Francesca Antonacci, del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione "Riccardo Massa", Università degli Studi di Milano Bicocca, e Maresa Bertolo, del Dipartimento di Design, Politecnico di Milano. Esse sono anche fondatrici del gruppo di ricerca "Lusory Warp", che prende il nome dal neologismo di Suits "lusory", come condizione specifica che connota il giocatore.

Bernard H. Suits (1925-2007) è stato filosofo e professore di Filosofia presso l'Università dell'Illinois (1959-1966) e successivamente presso l'Università di Waterloo fino al 1994, dove è stato preside del Dipartimento di Filosofia. Presidente dell'Associazione internazionale per la filosofia dello sport e Visiting Professor alle Università di Lethbridge e di Bristol, ha ricevuto il Distinguished Teaching Award nel 1982 ed è stato nominato professore emerito nel 1995.

Ma come potersi abbandonare al gioco spensierato, all'attività fine a se stessa, se ostacolati da sfide, siano esse sociali o fisiche, o se semplicemente ci si ritrova ad essere in un contesto nel quale non vi è permesso di esercitare liberamente il proprio essere?



Il progetto Spazio Sicuro, promosso da "Donne, Dadi, e Dati", e dall'associazione "La Gilda" del Cassero, propone un codice etico, un vademecum da seguire nell'ambiente del gioco di ruolo organizzato, un ambiente nel quale oltre alle difficoltà di partenza del gioco di ruolo dominato a lungo da una cultura di discriminazione nei confronti di coloro che appartengono a sotto-culture differenti da quelle dell'uomo cis, se ne aggiungono altre date dalla difficoltà nel doversi rapportare ed esporre a degli estranei, spesso in situazioni in cui ci si sottopone a forti tematiche sociali che se non trattate con cura possono rischiare di causare dei danni.

Nel progetto sono abbozzate delle linee guida per la gestione del gioco rivolte all'agevolazione di giocatori con difficoltà di varia natura. La speranza è che diffondendone l'uso, diventi uno strumento inconscio che aiuti a rendere la comunità del gioco di ruolo sempre più inclusiva ed accogliente.

Il progetto è ad ora compreso di un sistema di simboli e colori usato per indicare il tipo di "apertura" dei partecipanti del tavolo verso eventuali spettatori o giocatori esterni, il tipo di tema che si tratterà durante la giocata, e la fascia di età per cui è suggerito il gioco.

Sono fiero di poter far parte di una comunità che si cura dei suoi membri al punto da esporre le criticità di un sistema e proporre alternative pratiche per stabilire una cultura del gioco più giusta e solidale, come a loro tempo lo divennero le "linee" e i "veli", ora entrati nel vocabolario della gran parte dei giocatori di ruolo.

Donne, Dadi, & Dati è un gruppo di ricerca su gioco di ruolo e discriminazione delle minoranze, composto da persone di ogni genere, età e background. Dal 2019 aderiscono al GIFTS - Rete di studi di Genere, Intersex, Femministi, Transfemministi e sulla Sessualità. #

La Gilda è un progetto di laboratorio ludico che si propone di riunire giocatori e giocatrici di ruolo, da tavolo e di carte sotto la bandiera del Cassero LGBT center, nel quale si incontrano due domeniche al mese, da pomeriggio a sera.

Spazio Sicuro: una proposta per spazi e momenti di gioco realmente inclusivi.

Questi sono soltanto degli esempi di come la nostra comunità cresca e prosperi al di fuori delle linee di demarcazione territoriale stabilite da quelle che sono le pratiche economiche predominanti nell'editoria e nelle community, spesso sorde alle necessità del diverso, e che il discorso sul gioco di ruolo si faccia non soltanto promuovendo gli artefatti del proprio gioco preferito, ma ragionando su nuovi modi di intendere il gioco, e nuovi modi di giocare e far giocare.

Ricordate:

Giocare è dialogo.

Giocare è rispetto.

Ma sopratutto, parafrasando sia Bernard Suits che Henri de Régnier:

"Giocare è inutile, perciò è il piacere più grande.".