L'educatore ignorante

Versi da tavolo By Tobia Teardo

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Premessa: ogni frase contenuta nell’articolo rappresenta il mio punto di vista e alcune personalissime opinioni forgiatesi in oltre dieci anni di attività nelle scuole (di ogni ordine e grado), di laboratori e centri estivi pensati ed organizzati con la mia associazione o con altri enti. Questa puntigliosa introduzione serve a far comprendere al lettore cosa andrà a leggere e chi c’è dietro  - l'uomo dietro a cotanta arroganza - a certe parole che talvolta possono risultare altisonanti e sin troppo dirette. Il dubbio dietro ogni  asserzione c’è, ma non si vede. Questo è il mio stile. Ma partiamo dal presupposto che io sia una persona con una lunga esperienza nel campo dell’educazione e dell’animazione. Detto questo, buona lettura.

 

I bambini hanno bisogni di stimoli logico-matematici, più complessi di quanto non si pensi comunemente.

Mi capita fin troppo spesso di sentire la frase: “è ancora troppo piccolo, non ci può riuscire” affermazione puntualmente smentita dai fatti. Qui non si tratta di casi isolati, di esseri particolarmente dotati in grado di svolgere attività ludiche indicate per fasce d’età più avanzate, anzi, questa è la norma riscontrata in ogni gruppo nel quale abbia lavorato.

Mi occupo di giochi da tavolo. Li creo e ci gioco, ma soprattutto li faccio giocare.

Quando ho una persona davanti capisco subito il suo livello di capacità strategica e rispondo proponendo giochi adeguati. I bambini non sono tutti uguali ma hanno capacità mediamente buone: sanno interfacciarsi con un gioco comprendendone le caratteristiche e progettando tattiche sul medio-breve, periodo, sono stimolati nel dissezionare un regolamento alla ricerca di una falla o di una strada più conveniente delle altre, sanno concepire la sconfitta e possono imparare ad affrontarla (cosa non sempre veritiera per gli adulti - adulti, che parola intollerabile ).

Quello che intendo è che i bambini possono imparare e, a differenza di persone oramai mature, vivono un momento nel quale la loro mente è elastica e disponibile al compromesso. Non sottovalutiamo le potenzialità di una persona in fase di crescita. E soprattutto (questo so che non sarà digeribile da tutti) non prolunghiamo a dismisura i tempi della prima infanzia, imponendo standard ludici inadeguati per l’età di riferimento.

E se è vero che questa imposizione si manifesti, è vero anche il contrario: non ci si cura affatto di alcuni giochi svolti dai nostri pargoli…ma è un’intuizione di cui vorrei discutere in seguito.

Riprendo il filo: l’elasticità mentale di un bambino non può essere messa in discussione. E nessuna delle attività per bambini dovrebbe mirare ad atrofizzare tali capacità (il diritto alla noia è un'altra cosa).

Facciamo finta che il mio enunciato precedente sia corretto: i bambini hanno una mente pronta a crescere, dovremmo evitare attività che ostacolino la formazione corretta di un bambino. Quindi possiamo, e lo facciamo già di sicuro, prediligere ciò che lo mantiene in salute, le attività motorie e lo sport, magari un primo approccio ad una seconda lingua. Sceglieremo le migliori letture per l’infanzia (la cura per questo aspetto diventa spesso morbosa) allo stesso modo in cui scegliamo e consigliamo film, cartoni animati e programmi televisivi. La guida dell’educatore è praticamente onnipresente in ogni aspetto della crescita di una bambino.

Ma poi si cade in un fallo inaspettato…

 

I bambini non dovrebbero giocare ai giochi d’azzardo

 

Sembra un costrutto semplicemente ridicolo da ribadire. Eppure non è così.

Molti giochi per smartphone che vengono comunemente definiti “per bambini” hanno le stesse caratteristiche di un gioco d’azzardo. Capita addirittura che vengano sviluppati dalle stesse case editrici che producono i software per le slot-machine.

C’è poca cura nella scelta dei giochi per cellulare. In generale non c’è nessuna presenza pedagogica quando un bambino si approccia ad un videogioco o ad una consolle.

Al massimo qualche educatore può essere colpito negativamente dalla presenza di oscenità o violenza. Ma non c’è attenzione alla struttura di alcune applicazioni pensate appositamente per creare un bisogno patologico di continuare a giocare alla ricerca disperata di una vincita straordinaria (spesso talmente virtuale ed inintelligibile da non avere valore neppure all’interno del gioco stesso).

Giochi che danno massima soddisfazione con il minimo sforzo. Spesso questi giochi danno come ricompensa in-game il contenuto casuale di un forziere.

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Il problema è il disinteresse assoluto da parte dell’educatore, alcuni dei quali parlano in termini insensati del tipo: “lo lascio giocare con il telefono” o “gioca con la playstation”…ma in che senso? Usa materialmente il telefono e la playstation per giocare? Li lancia come fossero una palla o li invita a bere un thè con i biscotti? Cosa significa oggi: “gioca con il telefono”?

Niente. Nulla. Sappiamo tutti che il succo (la ciccia) è contenuta nel software. E questo sembra non subire nessun tipo di inquisizione da parte dell’educatore il quale passa al microscopio ogni aspetto della vita dell’infante ma poi, paludato da giudizi e cognizioni del secolo scorso, si dissocia dal confronto qualitativo con i videogiochi e le loro ovvie implicazioni.

Nel prossimo articolo vorrei riflettere su alcuni titoli (fra i più famosi in commercio - ebbene si: metterò all'indice alcuni di essi) pericolosamente vicini al esperienza dell'azzardo, ripercorrendone la fase di realizzazione e il loro approccio sul mercato videoludico. Vorrei anche decantare le straordinarie qualità del Nintendo Switch. Alla prossima polemica.