La logistica delle risorse: il realismo nei giochi da tavolo pt.2

Lory By Lorenzo


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Da giocatore di eurogame quale sono sempre stato, mi ricordo bene la sorpresa quando lessi il regolamento di Scythe: per la prima volta nello spazio dell’hobby gaming mi sembrava di incontrare qualcosa di diverso e singolare; per la prima volta le risorse del gioco non stavano in un qualche “magazzino” — riserva personale isolata nello spazio-tempo, fuori dal gioco — ma stavano sul tabellone. Esse venivano controllate, spostate, spese — potevano cambiare proprietario: questa era la grande novità e mi sembrava di aver scoperto qualcosa di nuovo, un nuovo meccanismo. E così era, visto che Scythe provava a dare una risposta al problema di come si muovessero le cose sul tabellone, che non fossero i “pezzi” del giocatore: provava a dare una risposta alla logistica delle risorse.


Il modo in cui Scythe descrive la logistica delle risorse è astratto e incompleto, ma è sufficiente per dare qualcosa in più al gioco e renderlo più coinvolgente, più immersivo e più intenso. Quello che accade meccanicamente è che i giocatori, tramite i propri lavoratori, cercheranno di estrarre risorse primarie dalla terra, ma esse rimarranno sugli esagoni della mappa e saranno di proprietà di chi controlla quei territori. Se dovessimo abbassare la guardia o lasciare le risorse sguarnite, senza unità militari a proteggerle, potremmo perderle e farle cadere nelle mani di un avversario che si muova contro di noi. Questa semplice accortezza di design rende il gioco più competitivo, più realistico: Scythe viene sempre definito come uno degli eurogame-area controllo più tematici tra tutti e ciò accade perché tutto ha un suo senso logico-razionale. Le basi dei giocatori hanno una locazione, le risorse si comportano in modo coerente a come ci immaginiamo, i lavoratori sono lenti e impacciati negli spostamenti se non vengono supportati dai mech. L’ambientazione e le eleganti meccaniche di Scythe lo hanno reso un gioco rinomato e un autentico capolavoro.

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Certo il realismo non è tutto e non si può pretenderlo ovunque, anche nei giochi ben ambientati: ci sono dei limiti al realismo che derivano dall’usabilità del gioco da tavolo e sopratutto dalla necessità di divertire il giocatore (il troppo dettaglio nelle regole spesso appesantisce il divertimento). Io credo che il sistema creato da Jamey Stegmeier (il designer) in Scythe sia corretto: non ha simulato rotte di rifornimento, network operativi, infrastrutture di trasporto per dare la risposta alla logistica del gioco — ha semplicemente messo tutto il peso tematico sui pezzi, rendendoli il centro nevralgico dello spostamento e del controllo delle materie prime. Sicuramente introdurre delle ferrovie o delle carovane sarebbe stato più tematicamente corretto, ma avrebbe aggiunto decine di regole in più, portando via l’esperienza dal suo centro focale che è il conflitto e la competizione con gli altri giocatori, rendendo il gioco meno accessibile e troppo lungo.

 

Quindi in questo caso è stata una scelta di “economia di gioco”: si è scelto di dare più profondità alla simulazione di come funzionino le risorse (da un punto di vista spaziale), senza rendere la meccanica faticosa e non divertente. Questo piccolo accorgimento dà la possibilità ai giocatori di vivere più a fondo l’esperienza: da capi fazione, o signori della guerra dell’est Europa, ci dobbiamo preoccupare non solo di come si muovono le nostre truppe e di quanto sono potenti i nostri arsenali, ma anche di chi ha in mano le materie prime e se c’è modo per accaparrarsele per sé. Tutto ciò dona alla dimensione spaziale del gioco, già molto forte, un’ulteriore profondità strategico-tattica.

Certo, come dicevo prima, il gioco però mantiene dei lati di incoerenza logica, o semplicemente omette come accadano certe cose: non c’è infatti realismo in come 4 pezzi di ferro possano creare un mech a 3 esagoni di distanza, cosa che accade sempre nel gioco. Il teletrasporto meccanico (scelta di design di cui parlavo estensivamente nell’articolo precedente) continua ad esistere in questo gioco, ma il fatto che anche solo una minima parte della logistica delle risorse venga simulata in-game rende le altre omissioni ed incoerenze tematiche meno problematiche, più accettabili.

 

Passiamo all’ultima tappa di questo viaggio in due parti: quindi, ci sono giochi che simulano completamente la logistica delle risorse? cosa succede quando portiamo il realismo a quelle estreme conseguenze? ci può essere divertimento in questo caso o la quantità di regole soverchia il giocatore? Parlerò ora di un lato dell’industria dell’hobby gaming di cui non sono molto esperto, ma a cui mi sto molto appassionando: il wargaming.

 

Questo genere, forse uno degli antenati più prossimi del moderno gioco da tavolo, nasce originariamente da una vera necessità di realismo: le simulazioni di battaglia sui tavoli di guerra e sulle cartine rappresentavano la necessità di un’ideazione strategica e tattica della guerra vera. Questo modus operandi votato al realismo dei piani di battaglia si trasferisce ai wargame, i quali, per la maggior parte, hanno come obiettivo una simulazione storica quanto più possibile accurata. Il wargame come termine tecnico comprende tutta una serie di giochi simulativi di contesti storici (a volte anche a-storici) di conflitto: vista questa necessità di realismo, di solito ogni aspetto del tipo di conflitto che si va a simulare viene precisamente messo nelle meccaniche. Per esempio in conflitti di natura strategica (quindi a livello nazionale o internazionale, dove il focus è molto lontano dalla singola battaglia) devono simulare movimenti macroscopici sociali, economici, politici e avere anche un apparato di regole per la risoluzione dei combattimenti. Se invece si prende un conflitto di natura tattica (quindi la singola battaglia) le regole devono simulare correttamente il movimento delle truppe sul terreno, le coperture, i tipi di arma usati, ecc.

 

I tipi di wargame che prendono bene in esame come funzioni la logistica delle risorse sono i giochi di tipo operazionale: si tratta di quei giochi a metà tra il livello tattico e lo strategico, dove il desiderio è di scoprire come si organizza un esercito per la guerra e come funziona la logistica dei carriaggi, del sostentamento degli uomini e quindi delle provviste. Il gioco che ho avuto la possibilità di provare in questo genere è Nevsky della GMT Games: questo design di Volko Ruhnke è una simulazione della guerra medioevale nel nord-est Europa e di tutti i problemi logistici che essa poneva — vediamo infatti le due fazioni dei crociati teutonici e dei russi scontrarsi tra laghi, strade fangose, ruscelli, bracci di mare e strade ghiacciate. E su questi elementi spaziali vediamo muoversi gli eserciti, i carri, le slitte, il cibo, le mandrie, le barche: tutto quello che di significativo serve a simulare questo contesto storico.

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La domanda che dobbiamo farci per capire l’intero problema è: “il movimento delle risorse nello spazio viene simulato correttamente o qualcosa viene omesso in modo problematico?”. Vista la cura che Volko Ruhnke mette nei suoi design possiamo dire che è praticamente tutto perfetto: quelle che sono le risorse del gioco (carri, slitte, provviste, ecc…) si muovono esattamente secondo la loro natura; i carri possono andare sulle strade ben battute ma non sul fango, le barche si muovono solo sui fiumi, le provviste hanno bisogno di abbastanza spazio su carri e barche per non rallentare la marcia (come ci aspetteremmo nella realtà) e le mandrie di buoi saccheggiate dai territori dal nemico rallentano i movimenti. Tutto questo è presente ed è corretto e dà una marcia in più all’ambientazione del gioco e al divertimento che ne traiamo; posso dire che questo ricercato realismo faccia davvero sentire dei signori della guerra del 13esimo secolo. La tensione è alta e la faccenda diventa subito “seria”, pur trattandosi di un gioco: per esempio sbagliare la quantità di carri o provviste da portare al fronte può essere fatale per la riuscita della campagna oppure può esserlo addentrasi troppo nel territorio ostile. Il gioco ricompensa con un’esperienza davvero unica e il tutto è gestito con un livello di astrazione moderato: certo, ci sono un sacco di regole per il movimento e il trasporto, ma non si va al dettaglio microscopico, come una barca che affondi o un carro a cui si rompa una ruota e vada riparato, rimanendo tutto piuttosto gestibile.

 

In ultima istanza mi chiedo: ne vale la pena? Il gioco è abbastanza accessibile per il divertimento che se ne trae? Il design iper-realistico dato alla logistica delle risorse ricompensa gli sforzi di apprendere regole? O è meglio un design più astratto e lacunoso (ma più semplice) come quello di Scythe? E qui sorge la discrepanza nelle opinioni. Per mio gusto personale posso dire che Nevsky fa valere la pena alle sue meccaniche e regole in più visto che servono all’ambientazione, servono a calare i giocatori in qualcosa di più grande di un semplice gioco. La sensazione è simile a quella di rivivere e riscrivere una storia — di superare il confine ludico per fare qualcosa di significativo (forse artisticamente, forse intellettualmente? Non lo so…). Però allo stesso tempo Nevsky è un gioco che un appassionato medio di boardgames come me tira giù dallo scaffale una volta ogni 4 mesi, massimo. Imparare bene le regole da poterle spiegare ha richiesto almeno una decina di ore (tra tutorial, manuale e partita in solitario di prova), inoltre le sessioni di gioco durano un’eternità: la campagna completa (teoricamente una sessione di gioco) dura dalle 8 alle 10 ore mentre gli scenari vanno dalle 2 alle 6 ore. Non è un gioco accessibile: tutti quei sistemi e meccanismi in più (anche preposti a rendere realistica la spazialità delle risorse, di cui ci siamo occupati) non possono coincidere in un’esperienza di solo divertimento. Nevsky richiede studio, quasi, e richiede un impegno che forse non combacia con il semplice “giocare”.

 

Quindi, in ultima analisi, mi sento di concludere così questo viaggio: la spazialità è un argomento meccanicamente trascurato nei giochi da tavolo. Scythe ha innovato molto e spero in futuro di vedere altri giochi area controllo prendere ad esempio la sua lezione. Allo stesso tempo non si deve nemmeno pensare che l’estremo opposto sia la giusta via per forza: l’iper-realismo di Nevsky propone un gameplay apprezzabile solo da pochi appassionati, un gameplay che incrocia lo studio storico e la simulazione rendendosi inaccessibile ai più. Alla fine dei conti è sempre una questione di obiettivi: fare divertire e far immedesimare possono stare a volte agli opposti — a volte serve omettere e trascurare qualcosa in nome del divertimento, a volte bisogna aggiungere qualche regola in più per trascinare i giocatori in sistemi di gioco davvero coinvolgenti. Tutto dipende nel trovare il giusto equilibrio.