LA CULTURA E' GAME O PLAY?

Antropoludica By Valentina Macaluso

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Rieccoci...dove eravamo rimasti? Giusto! All'ultimo capitolo di Homo Ludens* nel quale l'autore rivolge un'aspra critica nei confronti della sua epoca in cui la ludicità viene messa in crisi dalla degenerazione della civiltà contemporanea, così concentrata nella ricerca dell'evasione da perdere le caratteristiche sovrane del gioco.


Detto ciò, ci siamo lasciati, inoltre, con queste domande: cosa intende Huizinga con "fattore ludico e con caratteristiche originarie del gioco?"

Per trovare risposta a queste intriganti domande facciamo un balzo all'inizio del libro, ricominciando dal primo capitolo dove si afferma che il gioco è più antico della cultura stessa! La cultura sorge in forma ludica e questo non significa che il gioco si converta in cultura ma piuttosto che la cultura, nelle sue fasi originarie, porti il carattere di un gioco. 

Tale gioco è presente già nel mondo animale, ma non per questo significa che sia puro istinto. Ogni gioco, nelle forme più elevate, rappresenta qualcosa, compie una funzione necessaria.


Dei numerosi tentativi di interpretare l'origine e la funzione dell'attività ludica come lo sbarazzarsi della forza vitale superflua, il bisogno di rilassamento o di appagare desideri irrealizzabili, il gusto innato per l'imitazione, la preparazione alla vita od il soddisfare l'ansia di dominare, nessuno parte ponendosi l'unica vera domanda: cosa significa il gioco in sé e per i giocatori stessi?


Huizinga risponde rivelandoci quale siano le qualità sovrane del gioco, e la qualità dello stesso, il fattore ludico originario.


Quest'ultimo sarebbe il gusto che si prova nel giocare. Esso si evince dall'intensità e l'entusiasmo con cui si gioca (il bambino strilla, il giocatore adulto si perde nella sua passione, una gara eccita gli spettatori fino al delirio). Questa qualità irriducibile del giocare, secondo Huizinga sfugge ad ogni tentativo di analisi od interpretazione logica.


Ecco di seguito svelate le caratteristiche essenziali dell'attività ludica delle origini:


  1. Il gioco è atto libero. Mentre per i bambini ed i cuccioli il gioco rappresenta un bisogno istintuale, per l'uomo adulto e responsabile, è un bisogno che nasce dal desiderio di gioco, non legato ad un interesse materiale bensì al piacere di svolgere tale attività.

  2. Il gioco non è vita ordinaria o vera ma è serietà. Finzione e serietà non si escludono, anzi ogni gioco ha il potere di impossessarsi del giocatore e può “innalzarsi a vette di bellezza e di santità che la serietà non potrà mai raggiungere”. Il gioco è indispensabile all'individuo ed alla collettività in quanto adorna e completa la vita del singolo e crea legami sociali e spirituali importanti.

  3. Il gioco si isola dalla vita ordinaria in tempo e durata. Esso si svolge entro limiti di tempo e di spazio, ha un inizio ed una fine e può essere ripreso più volte. Avviene entro un suo spazio destinato (l'arena, li tavolino, il cerchio magico, la scena) entro cui domina un ordine proprio ed assoluto, un ordine che tende al bello al ritmo ed all'armonia.

  4. La tensione e l'adesione a regole razionali. L'incertezza di una buona o cattiva riuscita e la necessità di rispettare il regolamento, sono le caratteristica che identificano la qualità morale del gioco. Viene messa alla prova la forza del giocatore che, nonostante il desiderio di vincere il gioco, deve attenere a precise regole.

  5. L'essere diverso e misterioso. Come in un temporaneo annullamento dal mondo ordinario, il gioco dei bambini talvolta si ammanta di segretezza e magia e quello degli adulti si serve di travestimenti e maschere nella ricerca di essere qualcos'altro da sé, dando vita a gruppi coesi che compiono azioni ordinate.

Insomma secondo l'autore, il gioco con le sue qualità originarie, si estende a tutte le forme di cultura: il linguaggio, il mito ed il culto e poi la giustizia, l'ordine, l'industria, l' artigianato, l'arte, la poesia, la filosofia e scienza....tutte radicate nell'azione giocosa. Huizinga nel resto del libro le analizzerà una per una mettendo in risalto l'origine ludica di esse.

Questa visione a dir poco affascinante ed intrigante è stata soggetta a molte critiche tra cui quella di Umberto Eco che in un saggio introduttivo al libro valorizza la capacità dell'autore di aver sfidato lo storicismo idealista dei suoi anni sostituendo alla storia lo studio delle culture ma ne contesta l' approccio estetizzante ed impressionistico che compone più un affresco che un'indagine svolta con metodologia e precisione.

Secondo Eco in Homo Ludens si arriva a sostenere che i caratteri del gioco sono quelli della cultura in generale e che quindi la cultura fino dalle epoche più antiche si manifesta come gioco. L'autore non ci offre gli schemi e le formule di questo gioco, non ordina sistematicamente queste regole e non arriva a dirci se ci sia un gioco universale o se ogni epoca e cultura abbia il suo gioco con forme proprie.


Huizinga non fa una teoria del gioco ma una teoria del comportamento ludico e non ci dice se la cultura sia “play” o “game”. Quindi, continua Eco, al suo concetto di universalità del gioco manca l'elemento unificante, la matrice di gioco giocante ovvero le regole di tale gioco che sarebbe la cultura.


Voi cosa ne pensate? Vi sentite rappresentati da queste osservazioni del nostro contestato ed affascinante autore?


Prossimamente andremo alla scoperta dei giochi più diversi e strani tra le culture e le epoche insieme a Huizinga ed altri intriganti autori.




* Un testo dello storico tedesco Johan Huizinga, apparso nel 1939 ad Amsterdam ed interamente dedicato all'analisi del gioco e dell'attività ludica nelle diverse culture. Le citazioni riportate si riferiscono alla riedizione 2002 di Einaudi.