GRIS: il videogame diventa arte

VOLI PINDARICI by Federico Scolari


Il titolo, tradotto dallo spagnolo, significa grigio, unico colore a comporre la gamma cromatica all’inizio del gioco. La protagonista si presenta immersa in uno stato di solenne serenità interiore e, nel mentre, intona un canto melodioso. Ad un tratto la realtà attorno a lei si sgretola, il suono soave delle sue corde vocali si affievolisce fino a spegnersi e lei sprofonda in una cupa tristezza.


L’ambientazione è rappresentata come un mondo onirico e surreale, dipinto da colori acquerellati. Lo svolgersi degli eventi viene raccontato senza nessun tipo di linea di dialogo, lasciando al centro dell’attenzione una conduzione artistica di sconvolgente bellezza, avvolta in una colonna sonora magistralmente ispirata; un esempio di narrativa silenziosa portata ai massimi livelli in cui è il giocatore stesso a darle significato.


Gris è una metafora che rappresenta il momento in cui si viene travolti da un grave trauma emotivo (la perdita di una persona cara, la fine di un amore, qualsiasi cosa possa aver attanagliato la nostra vita nel passato e che ci fa soffrire). L’impatto è talmente forte da far crollare le certezze alle quali abbiamo bisogno di appoggiarci, facendoci sentire privi di una parte fondamentale di noi (in un certo senso, muti). Il viaggio è di nuovo metafora del percorso che attraversa le varie fasi di accettazione del dolore: il gioco scandisce il passaggio tra una fase e l’altra lasciandosi alle spalle le tonalità del grigio, sostituite di volta in volta con un colore differente. Ogni capitolo, oltre a modificare la percezione visiva appena descritta, cambia la complessità della struttura dell’ambiente e la protagonista ottiene capacità che le consentono di affrontare molte più sfide. Questa è una perfetta rappresentazione simbolica di ciò che vuol dire penetrare sempre più in profondità nel proprio IO.



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Oltre la filosofia, oltre le immagini, oltre le musiche, oltre l’opera d’arte, vi è un videogioco che non si scorda di essere tale, offrendo un gameplay sontuoso, vario e mai noioso. Ciascun capitolo contiene enigmi basati su meccaniche differenti che spronano il giocatore a combinare le abilità che la protagonista acquisisce. Inoltre, durante l’intero percorso, dovremo raccogliere dei punti luminosi (stelle) che andranno a comporre una costellazione nel cielo di quel mondo, il cui significato sarà svelato a fine gioco. Vi sono anche delle stelle opzionali non indispensabili per il completamento, che se collezionate sbloccheranno la visione di un finale alternativo.


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Salta all’occhio la cura per i dettagli: i movimenti fluidi ed eleganti della protagonista, l’inquadratura che si modifica in automatico a seconda dell’area che si sta esplorando, diversi strati di sfondi che scorrono a velocità diverse dando una sensazione di profondità nonostante il gioco sia in 2D.


Tutti questi elementi si combinano in un level design eccellente, in cui tutta l’esperienza di gioco può essere paragonata ad una pellicola girata in un unico piano sequenza. Non vi sono mai interruzioni, non esiste morte o sconfitta, gli enigmi sono ben pensati ma sempre affrontabili con la giusta dose di impegno; ogni cosa è studiata per non spezzare la profondità emotiva, complice la colonna sonora a dir poco emozionante che esalta il pathos minuto per minuto.


Gris in poche parole mi ha commosso, scosso, divertito, sopraffatto… una volta concluso ha lasciato una traccia dentro di me che sento indelebile. Mai avrei potuto immaginare che un videogioco potesse toccare così tante corde dell’animo umano; esplorarlo è stata, per me, un’esperienza unica.


Al prossimo volo o-o