GIOCARE E' COSA SERIA

Antropoludica By Valentina Macaluso



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Eccoci giunti al terzo ed ultimo articolo dedicato a Johan Huizinga, primo fra gli accademici ad aver dedicato al gioco un'analisi storico-sociologico-antropologica con il testo Homo Ludens*.

 

Mettiamo un po' in ordine i concetti salienti e giungiamo insieme alla domanda finale che l'autore ha sollecitato in me.

 

Innanzitutto abbiamo visto che Huizinga, oltre a dare grande rilievo e dignità all'attività ludica, sostiene una tesi interessante ed innovativa: l'attività ludica sarebbe all'origine di ogni forma di cultura e di civiltà umana. Secondo l'autore, questo processo creativo svolto dal gioco, ha avuto un decorso virtuoso per secoli fino a quando, nell'età moderna, la comunità giocante ha smarrito l'ingrediente essenziale: ovvero il fattore ludico** . I lettori più attenti si ricorderanno che il fattore ludico consiste nelle qualità essenziali che caratterizzano il giocare. Con il degenerare di tali qualità l'attività ludica viene considerata dalla società qualcosa di poco serio, di futile e puerile.

 

E se dal gioco hanno origine tutti gli aspetti della cultura umana, la crisi del fattore ludico trascina con sé tutte le espressioni culturali più nobili: dalla legge, alla guerra, dalla conoscenza, all'arte, alla politica, portando fino alla forma di feroce dittatura. La comunità giocante nell'epoca moderna non è più in grado di collocare il gioco nella sua giusta posizione, né di rispettare le regole ed i limiti necessari per svolgere attività collettive in armonia.

 

Quale sarebbe la causa di questo fenomeno? Cosa succede nell'età moderna che provoca una tale crisi nelle forme originarie e creative del giocare?

Huizinga ci offre questa spiegazione: dalla metà dell'800 la società ha gradualmente perso il fattore ludico perché il gioco si riduce al solo aspetto economico, viene monetizzato. La civiltà umana ha iniziato a sentirsi troppo matura per dedicare tempo ad attività giocose solo per il piacere di farlo, senza un riscontro materiale ed economico. Nell '800 si verifica un'esplosione sociale dello sport agonistico, di circoli di carte e scommesse...tutti giochi privi dell'elemento più importante, il fattore ludico, giochi che non creano rapporti autentici tra i giocatori.

Prevale la forma agonistica del gioco svolta da professionisti il cui esito è monetizzabile, la tensione alla vittoria si trasforma da fattore di miglioramento, di superamento dei limiti individuali, da lotta collettiva a desiderio individuale di primeggiare per ottenere dei benefici concreti e spendibili materialmente.


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Una tesi (per quanto imperfetta***) pionieristica per il suo tempo e che ha dato al gioco un ruolo davvero fondamentale nella storia dell'uomo mettendolo al centro.

 

Anche oggi, questa la riflessione con cui concludo, sarebbe necessario dare centralità al tema del gioco, per il benessere della società tutta. E' vero...se ne parla negli ambienti psico-pedagogici, ma lo si fa soprattutto in riferimento all'utilità per i più piccoli. Se ne parla in merito agli adolescenti, in particolare riguardo la loro passione video ludica, considerata quasi esclusivamente un problema. Se ne parla per gli adulti, in merito alla pericolosità del gioco d'azzardo.

 

Oppure si parla dello sport agonistico, ma che abbiamo visto con il nostro autore, essere qualcosa di essenzialmente diverso.

 

A mio parere, dovremmo fare più come Huizinga, dare attenzione al gioco come risorsa, mettendo in evidenza la sua dignità, la quale forse non è ancora stata ristabilita (come si auspicava l'autore). Noi di Golem's Lab crediamo nel valore del gioco, vediamo in esso un via di salvezza e di riscatto, un momento di crescita e di sviluppo, un canale per formare ed educare, un modo per stare bene.

Puntiamo, con le nostre attività e con questo sito, alla diffusione della cultura del gioco e cerchiamo, nel nostro piccolo, di sviluppare attività ludiche rivolte a tutte le fasce d'età e destinate anche a gruppi di persone fragili, per creare spazi di serenità e crescita.

 

Tutto il pessimismo con cui Huizinga parla della crisi dell'epoca contemporanea lascia però intravedere uno spiraglio di speranza:

 

la vera cultura non può esistere senza una certa qualità ludica, in quanto suppone autolimitazione ed auto-dominio e vuole essere giocata seriamente, di comune accordo e secondo date regole. Ma la serietà, elemento intrinseco del giocare, non esclude il provare piacere e godimento. Anzi giocare seriamente significa superare l'opposizione tra gioco e serietà, essere liberi ed essere guidati dalla morale, dalla verità e dalla giustizia, dalla pietà e dal perdono. Non trovarsi ingabbiati dalle logiche produttive ed utilitaristiche...ma riscoprire e coltivare i valori positivi della società attraverso il gioco.

 

Ma oggi, secondo voi lettori, il fattore ludico è rifiorito? E’ ancora vivo?

Ha preso nuove forme e dimensioni tornando ad essere creatore di virtuose forme di cultura?

 

E, se è così, in quali modi?

 

 

 

   

 

*   Johan Huizinga, Homo Ludens, 2002, Einaudi.

**   Ho parlato del fattore ludico nel precedente articolo: Il fattore ludico

*** Ne ho parlato nel precedente articolo: La cultura è game o play?