Da risorse a punti: i “contratti” e l’attribuzione del valore nello spazio del gioco da tavolo.

Lory By Lorenzo

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Perché i giochi da tavolo ci conquistano? Che cosa li rende divertenti? In che modo sono un’esperienza che provoca piacere che si desidera ripetere? Uno dei fondamenti base di una psicologia del piacere dei giochi da tavolo è il senso di soddisfazione per qualcosa: riuscire a capire i meccanismi, battere gli avversari (o il gioco stesso nei cooperativi), ottenere delle ricompense fittizie che abbiano comunque un significato di valore nella finzione ludica, sono tutti modi che premiano il nostro impegno mentale o le qualità intellettuali. Su questo argomento si potrebbe scrivere un trattato, soprattutto riguardo a quali tipologie di persone interessano quei tipi di ricompense. In questo senso ho amici molto competitivi che se non vincono rimangono scontenti a lungo, altri preferiscono semplicemente godere delle dinamiche senza aspettative perché il puzzle che il gioco presenta è una ricompensa in sé. Per i secondi vivere un’esperienza positiva significa essere stati in grado di fare delle giocate contro-intuitive, interessanti, che alla fine in termini di gameplay hanno dato i benefici sperati. Ovviamente va oltre lo scopo di questo articolo e le mie competenze un’analisi così approfondita; ciò su cui piacerebbe soffermarmi è una delle modalità di gratificazione più semplici che i giochi da tavolo hanno imparato ad usare per creare la “dipendenza” (dipendenza in questo caso ovviamente intesa in un senso positivo): questa modalità mi sono permesso di chiamarla col titolo “da risorse a punti”, e secondo me è una filosofia di game design ben precisa che ora cercherò di inquadrare.

Partiamo dalle risorse: a quale giocatore non piace esserne sommerso? In generale, quale persona non sente come desiderabile il senso di abbondanza e ricchezza? In un gioco da tavolo questa sensazione “primitiva” viene simulata magari da una bella pila di materiali in Agricola, o dalle decine di token-banconota in Modern Art. E' una soddisfazione che appartiene forse di più agli appassionati di german, mentre, per esempio, i fan degli american sono spesso più intrigati dal senso narrativo e dinamico del gioco più che dal senso statico dell'accumulare risorse. Ad ogni modo, trovo ci sia qualcosa di intimamente desiderabile nell'essere "ricchi" e di godere dei vantaggi derivati da essa. La prosperità in sé può voler dire inconsciamente una serie di cose, anche quando si tratta della simulazione di un gioco: non ci si deve preoccupare in futuro di una “ristrettezza economica” o di un’impossibilità di “avere i mezzi” (per sopravvivere, per realizzare un progetto…); in secondo luogo la ricchezza di solito viene associata a un buon lavoro, a una buona performance, a una propria capacità di sfruttare i nostri talenti e quindi di essere bravi. Mi soffermo sul termine bravura, perché mi sembra il giudizio chiave che serve ad inquadrare una buona parte del piacere nei giochi.

Volendo fare qualche esempio, su questo presupposto mi sembra si basino gran parte dei german ed eurogame: la bravura di ottenere quelle 5 pecore in Agricola prima che lo faccia un avversario o la pianificazione che metti nel posizionare 4 lavoratori ed un mulino in un esagono di Scythe — che ti produrranno un sacco di risorse nel corso del tempo… Eccolo di nuovo il collegamento: riuscire a raccogliere e accumulare risorse è un riconoscimento della nostra bravura, che ci fa sentire di aver compreso la natura del gioco (il modo in cui esso funziona) e di averne ricavato qualcosa che per noi ha valore.

Ma perché le risorse hanno valore? Sì, esse rappresentano la bravura e danno quel senso di ricchezza di per sé appagante — ma se i giochi si limitassero ad essere (secondo i propri meccanismi) una semplice raccolta di beni materiali, si perderebbe una seconda parte importante: il senso di direzione, l’idea di un progetto dopo il benessere. Le risorse sono promesse per ottenere altro, per nuove gratificazioni: psicologicamente sono il potenziale movimento dinamico verso qualcosa di nuovo. Il senso di titoli come Clans Of Caledonia, o It’s a Wonderful World, o Furnace, non è solo accumulare i beni materiali. In Clans of Caledonia i vari prodotti della tua azienda agricola saranno da vendere al mercato esterno per soddisfare contratti di export — contratti che poi garantiscono bonus in-game e punti vittoria. In It’s a Wonderful World le risorse accumulate, i cubetti di vari colori, ci servono per costruire le carte progetto più forti e che valgono punti vittoria a fine partita (spesso, oltretutto, queste carte progetto hanno degli artwork invitanti ed esotici, per rendere la loro costruzione ancora più desiderabile per il giocatore, esempio di come la componentistica evidenzia questi “oggetti finali”). Furnace invece, un gioco che ho avuto il piacere di provare ultimamente, non propone grandi contratti o progetti per ottenere un considerevole margine di punti a fine partita: propone invece micro-transazioni presenti come effetto sulle carte — la carta X ti permette di scambiare 2 risorse di acciaio per 4 monete (punti vittoria a fine partita), carta Y ti permette di scambiare due volte 2 carboni per 2 monete.

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I giochi engine building che si basano sulla raccolta dei beni riescono ad essere così attraenti grazie a due obiettivi principali: trovare un modo efficiente per raccogliere molte risorse nel minor tempo (turni) possibile (quindi costruire e far funzionare il tuo motore di gioco) e sapere come indirizzare questa raccolta in funzione delle richieste finali che il gioco ti pone come traguardi per guadagnare punti vittoria. Io questi traguardi tenderei a chiamarli contratti: negli engine building di questo tipo i punti si ottengono spendendo le risorse di cui sei in possesso — per esempio: spendi quelle 12 diverse risorse per la carta progetto da 25 punti in IAWW, e la sensazione non è diversa da dei veri e propri contratti di domanda da soddisfare, che in modo più trasparente vengono rappresentati in giochi come COC e Century. Raccogli risorse per soddisfare una certa “domanda”, e quando soddisfi questa domanda “consegnando la merce” vieni ricompensato.

Questa filosofia di design, che comprende molta parte dei german, è molto evidente nei titoli che ho elencato oggi (tutti pesi medi con regole non troppo complesse, piuttosto trasparenti nei loro meccanismi) e, mi permetto di azzardare un’intuizione che volevo condividere con voi: i giochi da tavolo strategici a bassa incidenza della fortuna, secondo me, sono fondamentalmente dei sistemi per la creazione ed attribuzione del valore.

Quello che intendo quando dico questo è che, nella finzione ludica, il gioco strategico dà delle priorità, dà dei compiti, dà delle ricompense secondo sé stesso e secondo la sua stessa ragionevolezza — secondo il suo funzionamento. Il gioco dà premi e punizioni in funzione di come ti comporti nel suo spazio di interazione e questo crea un momento condiviso tra i giocatori, in cui i normali giudizi di valore sono sospesi. Come individuo singolo potresti magari portarti dietro bagagli emotivi di un certo tipo: delusioni, sentimenti di rimpianto o valutazioni negative su te stesso o sugli altri. Il gioco, in particolare di questa tipologia, ti permette di sospendere quei pensieri pesanti, seri, che hanno a che fare con la vita reale. Ti dà la possibilità di stare in un luogo dove non vieni giudicato intrinsecamente per quello che sei, per il tuo passato, per quelli che magari reputi siano i tuoi sbagli — ma solo per quello che fai in relazione all’esperienza ludica: vieni giudicato dal gioco, dai punti vittoria, solo per quanto hai capito del gioco — solo per quanto sei riuscito a sfruttare i meccanismi e raggiungerne gli obiettivi.

In questo senso il giocare non ha alcuna velleità di giudicare in toto e di dare un giudizio di valore secondo la falsa pretesa di una valutazione universale e oggettiva della tua persona (pretesa che invece è così frequente nel mondo iper-competitivo e nevrotico di oggi). Al contrario invece, il gioco ti chiede solo di essere capito e di stare alle sue regole: esso premierà e frustrerà secondo quello che farai, ma non ci sarà ingiustizia. Per questo vorrai tornarci ogni volta, per riscoprire e riattivare il piacere di tutte le altre volte.