Al di là del Fantastico (RPG e razzismo)

Fuga dalla realtà By Eli Daddio


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Un piccolo aneddoto dalla mia esperienza da GM.

Tanti anni fa un mio amico giocatore, soddisfatto dall’ennesima sessione di avventura, mi volle appuntare una sua osservazione. Con aria di sufficienza mi fece notare una mia piccola colpa: nello svolgersi della campagna che vedeva protagonista lui e altri miei amici avevo mostrato un certo livello di ‘razzismo’.

Considerando che i giocatori erano un mix di razze, tra umani, elfi, mezzi-demoni e umanoidi di vario tipo, rimasi un po’ perplesso.

“Ma sì”, mi disse, “tra i tanti PNG umani che ci hai fatto incontrare non c’erano praticamente minoranze, erano tutti bianchi.”

Ci riflettei un momento sopra con tutta l’attenzione del mondo, quindi gli risposi con una semplice domanda:

“Delle decine e decine di PNG incontrati, di quanti ho specificato la razza o l’etnia?”

Rimase un momento interdetto e in quell’istante realizzò la terribile verità: nella maggior parte dei casi io avevo presentato dei PNG dei quali avevo caratterizzato personalità e atteggiamenti, ma dei quali, in gran parte dei casi, non avevo specificato alcun tratto fisico. L’orrenda conclusione era una: il mio amico, inconsciamente, aveva dato per scontato che tutti i PNG incontrati fossero “umani bianchi”.

  

Il mondo della narrativa fantasy – e di tutto l’universo ludico che se ne estende – è influenzata dallo stesso fenomeno, la malizia di chi legge (e di chi scrive).

Oggi, ad esempio, ci concentreremo su un fenomeno tanto antipatico: l’appropriazione indebita dell’immaginario fantasy da parte degli estremisti di destra del mondo occidentale.

 

È molto comune, infatti, che organizzazioni e associazioni di stampo più o meno vicino a certe ideologie estreme (e talvolta illegali) facciano sfoggio di illustrazioni, musica ed elementi vari estratti dalla narrativa fantasy, sbandierandoli come propri.

Perché è successo questo? È forse perché questi signori sono brutti e cattivi? Anche, ma non solo. Il problema è alla radice: come è nata l’iconografia fantasy contemporanea?

 

Fino agli inizi del XX secolo il genere letterario “fantasy”, così come lo conosciamo, non esisteva. Esistevano i miti, la narrativa folkloristica, favole per l’infanzia. Poi sono arrivati dei signori – tanto per citarne un paio che torneranno nel discorso, Fritz Leiber e Robert E. Howard – che hanno dimostrato in modo eclatante che un autore poteva creare un suo mondo’ avulso dai miti e le leggende classiche, dando vita a pantheon, mitologie, cronistorie e intere leggi universali nati solo dalla propria immaginazione. Tutto molto bello, fin qui.

Il problema nasce dal fatto che questi pionieri della narrativa fantastica erano, quasi sempre, maschi bianchi figli del proprio tempo, in un’era in cui la società occidentale non abbracciava ancora molto facilmente degli ideali di inclusività di genere, razza e credo. Al contrario.

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Un esempio? Oggi scegliamo…

Robert E. Howard.

Bob nacque nel 1906 in Texas e da giovane riuscì a sconvolgere il mondo occidentale con le sue creazioni letterarie, prime tra le quali Conan il barbaro e Solomon Kane. Howard, il cui mondo immaginario si sviluppò in parallelo a quello di H.P Lovecraft (del quale era amico di penna), creò una mitologia estesa di eroi e mostri, divinità e imperi, continenti scomparsi e mondi alieni… fin troppo vicini. La sua mitologia hyperboreana raccontava un ipotetico mondo ‘prima del mondo’, una Terra primordiale governata da leggi diverse da quelle contemporanee.

Il personaggio più famoso che ha creato, Conan il Cimmero, avrebbe irrevocabilmente delineato la figura dell’Eroe Epico per eccellenza.

Sì, ok, ma cosa c’entra tutto questo con il discorso di prima? Ora ci arrivo.

Howard era razzista. Tra le altre cose.

Sì, fa brutto dirlo così, ma girarci attorno non avrebbe senso. Era un texano bianco di inizio novecento, il suo contesto di sviluppo non era certo un faro di progressismo, e questo, nelle sue storie, è molto evidente.

Nei suoi racconti, infatti, l’Eroe assoluto è Conan, capostipite della genealogia che avrebbe dato luce, nel futuro, ai celti. Celti che Howard riteneva – e non cercava di nasconderlo – la razza superiore che avrebbe dovuto guidare il mondo.

Howard credeva fortemente che le varie etnie umane fossero ben distinte non solo da tratti somatici evidenti, ma da vere e proprie inclinazioni irrevocabili. I latini passionali e superstiziosi, i celti forti e giusti, gli asiatici meschini e vigliacchi, e i… uhm, i popoli di origine africana non erano che un’orda di selvaggi animali, portatori dei più bassi e deprecabili istinti.

Diciamocelo: Howad odiava di brutto i neri.

Questo risalta particolarmente in alcune sue opere, tra le quali “Skullface”.

In questo romanzo, infatti, un uomo (bianco) si trova a scoprire una verità raccapricciante: un semidio egizio, una creatura mummificata in tempi precedenti l’inabissamento di Atlantide, era risorto per guidare le varie popolazioni africane e mediorientali alla conquista del mondo, per rovesciare e distruggere il (legittimo) controllo sociale della razza bianca. L’eroe inizia così una lotta disperata, sconfiggendo un drappello di stereotipi incredibilmente eccessivi – il turcomanno armato di scimitarra, il gigante etiope strangolatore, il feroce assassino subsahariano – facendo uso solo della sua forza bruta.

Ovviamente alla fine vince, e l’umanità (cioè i dominatori mondiali di origine europea) è salva.

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Howard fu solo il capostipite di questa tradizione e, se già nell’immaginazione del lettore potevano in questo modo formarsi delle immagini ben precise, a rafforzare mostruosamente questo fenomeno provvide l’eccellente abilità grafica di Frank Frazetta.

Costui è stato un illustratore, probabilmente l’autore di illustrazioni fantasy (e fantascientifiche) più importante del XX secolo. Fu proprio lui a dare a Conan il look con il quale viene immaginato ancora oggi.

Nelle illustrazioni di Frazetta, gli elementi erano chiari: l’eroe era inevitabilmente un uomo alto e forte, bianco, selvaggio e impetuoso. Ai piedi dell’eroe pile di cadaveri e nemici sconfitti e fanciulle seminude colte in sguardi adoranti.

Capitò così che, già da parecchio tempo, molte fazioni di cui ho accennato prima si appropriarono indebitamente di questa iconografia, facendone una propria bandiera.

 

Ma allora è vero?

Il fantasy è un genere ‘cattivo’? E la comunità di suoi sostenitori è tutta ‘marcia’?

Ovviamente no!

Però capire come questo processo è iniziato, come mai nel mondo del fantastico, con tutti i suoi annessi e connessi, siano radicate certe idee immagini che oggi, lo vediamo bene, sono fuori dal nostro tempo, ci può aiutare.

Se riusciremo a riconoscere cosa ha condizionato la nostra immaginazione fino a qui, sarà più facile rimediare al danno, e rendere questa realtà più inclusiva, e accettare la transizione che, inevitabilmente, sta prendendo piede.

 

Fine Episodio 1 – Continua...