Al di là del Fantastico – Ep 3

Fuga dalla realtà By Eli Daddio

5 minuti di lettura




 

“Il fantasy è maschilista!”

“Una ragazza non può essere una vera gamer, lo fa solo per atteggiarsi!”

Di frasi fatte così ce ne sono infinite, non sto nemmeno a scriverne tante, non servirebbe. Il punto è abbastanza evidente e semplice da capire (anche se meno facile da affrontare): nell’immaginario collettivo il fantasy e i giochi a esso connesso sono un ambiente per soli uomini.

Come si è sviluppata questa idea?

Ai suoi primordi, in effetti, la fanbase del fantasy costituiva una sorta di club per maschi; come già accennato, la narrativa che ha gettato le fondamenta del genere nasceva da saghe scritte da maschi per maschi; si trattava di storie evolutesi dal mito del guerriero che uccide il drago, il principe che salva la bella principessa.

Gli eroi di questo mondo sono quasi sempre uomini; per essere precisi, uomini forti, virili, dominanti. Machi.

Se guardiamo ai prototipi del fantasy che ha fatto scuola troviamo alcuni personaggi già menzionati e che probabilmente torneranno ancora: Conan il barbaro, la cui forza erculea gli permette di risolvere ogni problema e che inevitabilmente seduce l’avvenente fanciulla del momento; Elric di Melnibonè, malinconico e affascinante, per il cui amore diverse donne giungono alla morte o alla disperazione; Fafhrd e il Gray Mouser, una coppia di muscolosi avventurieri che, viaggiando attraverso il mondo di Nehwon, affrontano pericoli di ogni genere, conquistando a ogni avventura nuove bellissime ragazze con il loro ardore eroico.

Nello schema generale delle cose, nella narrativa fantastica tradizionale la donna è tradizionalmente rappresentata come una creatura fragile, passiva e volubile, il cui compito è farsi conquistare e addolcire la vita dell’eroe di turno tra un’impresa e la successiva.

Nell’immaginario di genere, quindi, la rappresentazione femminile andava inevitabilmente in una sola direzione: le caratteristiche che una donna doveva possedere erano due su tutte, cioè bellezza e sottomissione; la donna era un trofeo da vincere e conquistare, un premio per la forza dell’eroe.

 

In questo senso, una parentesi dovuta va aperta sulle storie che pretendevano di fare empowerment femminile, ottenendo invece l’esatto opposto. L’esempio più famoso e plateale è quello del personaggio di Red Sonja, creata da Roy Thomas nel 1973, ispirata a precedenti racconti del nostro caro Robert E. Howard (il suo nome non smette di tornare, ma è inevitabile).

Red Sonja è il prototipo dell’Eroina in armatura a bikini, una guerriera dalla sensualità prorompente che indossa sempre, per motivi ignoti, abbigliamenti… molto poco pratici per l’avventura, diciamo.

Il personaggio, ripreso in vari adattamenti, segue queste coordinate: Sonja è una donna barbarica (controparte ideale di Conan il cimmero) la cui famiglia e infanzia sono stati distrutti da maschi forti e cattivi – il perfido conquistatore/stregone di turno – trasformandola in una guerriera tanto forte quanto ridicolmente sensuale. La premessa diventa quindi l’odio totale e indiscriminato di Sonja per gli uomini… con un’eccezione! Sonja è destinata ad accettare e amare solo un guerriero che sia capace di sconfiggerla, ovvero un uomo più forte di lei.

Ecco quindi che ritorna il tema della donna da conquistare e che addirittura rinforza una mentalità tossica: la donna va conquistata con la forza e la sua unica ambizione è di essere sottomessa!

Quest’idea, purtroppo, come ho detto è molto antica: esempi storici sono nel mito irlandese di Cuchulain o nel mito greco delle amazzoni.

  eli 1jpeg


Ovviamente – e per fortuna – le cose sono andate cambiando, nel tempo.

Autrici femminili hanno iniziato a raccontare le loro storie, costringendo il pubblico a riconoscere che le donne potevano essere partecipi del mondo fantastico, sia come autrici che come lettrici. Un nome che certamente tanto ha fatto, in questo senso, è quello della scrittrice americana Marion Zimmer Bradley, autrice di una florida produzione di narrativa fantastica e, soprattutto, curatrice della serie “Sword and Sorceress”, una lunga serie antologica di racconti fantasy scritti seguendo regole ben precise per evitare tutti gli stereotipi di genere che tanto avevano rafforzato l’idea del fantasy come roba “per maschi”.

Niente più donzelle in pericolo da salvare, streghe da sedurre o principesse da distribuire come premi ma, al contrario, personaggi femminili attivi, dotati dei loro connotati eroici; per essere forte la donna non aveva più bisogno di essere “un maschio dal seno prosperoso”, ma poteva esserci potere nella femminilità stessa.

 

- È qui d’obbligo aprire una parentesi abbastanza ambigua e sgradevole, ma necessaria per onestà intellettuale: l’importanza del separare l’autore dall’opera.

Su Marion Zimmer Bradley, infatti, dopo decenni in cui è stata la bandiera della presa di potere femminile nel mondo letterario, sono emerse accuse molto gravi e, purtroppo, in gran parte dimostrate, che ne fanno inevitabilmente ‘un mostro’. Eppure, almeno secondo me, è molto importante non lasciare che le azioni riprovevoli della persona eclissino l’importanza del suo lavoro da autrice ed editrice. -

 

Nel tempo, insomma, la letteratura si è evoluta e, con essa, tutto il comparto visivo del fantasy, fino a cinema e giochi. Sempre più sono emersi personaggi femminili forti o anche semplicemente storie in cui le donne erano partecipi e non solo premi da ottenere.

Una sempre crescente consapevolezza degli autori che, di riflesso, diventava realizzazione nelle menti del pubblico di utenza.

Un bell’esempio sono i classici Disney ‘natalizi’: se al principio c’erano solo principesse da salvare, ragazze inette e piatte il cui unico tratto caratteriale era la bellezza (Biancaneve, Cenerentola, la Bella Addormentata) le storie sono maturate fino a ottenere eroine forti, decise, dotate di forti personalità, di tratti individuali e di obiettivi propri, slegati dal bisogno di “trovarsi un uomo” (Frozen, Oceania, Brave).

 

La crescita di consapevolezza, in questo modo, si è espansa anche oltre il semplice de-oggettificare le donne: c’è stata una progressiva realizzazione che non è la forza fisica a definire il proprio genere o orientamento, che donne e uomini non devono necessariamente rientrare in categorie stereotipate, portando così all’accettare il fatto che il fantasy è e dev’essere un mondo inclusivo.

Questa evoluzione è proseguita un po’ in tutti i media, così che ora è universalmente riconosciuto, nelle community di lettori, spettatori e giocatori, che si tratta di mondi per tutti, non di club esclusivi, e che è possibile, maturando, abbandonare le vecchie strade per altre, tanto migliori.