Al di là del Fantastico – Ep 2

Fuga dalla realta By Eli Daddio


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Prima di procedere, c’è da considerare una regola che, troppo spesso, viene trascurata: non bisogna mai confondere l’autore con la sua opera.

Pensate al vostro artista preferito: cantante, disegnatore, scrittore, attore, quel che volete voi; dev’essere quello che più amate, le cui opere più fortemente hanno condizionato voi e la vostra crescita, l’artista che riesce a emozionarvi ancora tanto, quello che mettete sopra chiunque altro.

Fatto? Bene.

Ora immaginate di andare online e trovare la grande news del momento: proprio quell’artista è risultato indagato per violenza sessuale e omicidio! Le prove lo incastrano, è colpevole al di là di ogni dubbio, confessa tutto in diretta, rivelando di essere un mostro perverso e depravato.

Riuscireste a godere ancora delle sue opere senza problemi? Diventa difficile, vero? Eppure, razionalmente, ammettere che l’opera non è cambiata.

Ecco, qui è il punto: a cambiare è stato il contesto!

Consideriamo allora questo fatto: c’è una possibilità estremamente alta che, un giorno, scopriate che il vostro artista preferito ha di fatto compiuto cose terribili. Probabilmente scoprirete che è/era un razzista/omofobo/maschilista/maniaco o qualsiasi altra cosa brutta vi venga in mente.

Date queste premesse, il modo migliore di godere dell’arte dovrebbe essere, sempre e comunque, quello di separare l’arte da chi l’ha creata, e goderne per ciò che è.

Posta questa lunga e noiosa premessa, procediamo con la nostra fantastica analisi del fantastico!

 

Come detto, l’iconografia del fantasy primordiale si sposava terribilmente con l’immaginario delle peggiori ideologie del ventesimo secolo. Si aveva, in ordine sparso:

- Uomini bianchi e possenti, degni eredi degli eroi greci o, meglio ancora, dei virili guerrieri norreni, la cui mascolina forza trionfava su tutto; il testimone passava, così, dal Sigfrido wagneriano al Conan di Frazetta, dal nerboruto Ulisse (chiaramente ‘schiarito’ per essere meno etnico) dell’odissea al bianchissimo e cupo Elric di Melniboné di Michale Moorcock.

- Donne bianche voluttuose, sottomesse e ‘pure’, pronte a sposare l’eroe o, meglio ancora, oscure streghe e selvagge etniche da sottomettere e spezzare, così che riconoscano nell’eroe che le sconfigge il vero maschio cui dare la propria vita.

- Mostri e stregoni brutti, ripugnanti, oscuri e crudeli che, oltre a mostrare con il loro aspetto esteriore il loro immutabile ruolo di malvagi da sconfiggere, rappresentavano invariabilmente il caos che distrugge l’ordine: esseri anarchici, rivoluzionari, nemici della Divinità, della Patria e della Famiglia!

- Una sorta di giustizia cosmica, una predestinazione grazie alla quale il BENE (ovviamente identificato nello status quo, nell’ordine costituito, nel rispetto delle tradizioni) non potrà mai che trionfare sul MALE!

- Un mondo selvaggio dominato dalla forza, in cui si dimostra come il più forte vinca in quanto ciò è stato deciso dal Destino! È regola che il debole sia sottomesso al forte, e che la ragione vada al vincitore.

Potrei continuare, ma questi sono i punti cardine.

Considerando tutto ciò, non diventa difficile capire come mai, fin dall’inizio, esponenti delle correnti più “conservatrici” (per usare un termine gentile) abbiano visto, nel fantasy, un emblema da sbandierare come proprio.

 

A questo punto potrebbe sorgere un equivoco: si potrebbe pensare, infatti, che gli artisti del genere fossero tutti allineati a quel tipo di pensiero. Non è così, per niente; anzi, spesso dovettero lottare per mostrare il contrario.

Uno degli esempi più iconico, di certo il più rappresentativo, di questa situazione, si ebbe con i problemi che ebbe J. R. R. Tolkien a pubblicare le sue opere nella Germania nazista.

Tutto accadde nel 1938: “Lo Hobbit”, il primo libro di Tolkien (per le tre persone che non lo sapessero ancora, l’autore de “Il signore degli anelli”) era stato pubblicato in Inghilterra e negli Stati Uniti già da parecchi mesi e stava riscuotendo un grande successo, talmente grande che anche gli editori tedeschi ne volevano approfittare.

In quegli anni, però, la Germania era già guidata dal partito nazionalsocialista con le sue discutibilissime idee socio-politiche e questo creò non pochi problemi a scrittori ed editori teutoni: libri scritti da autori ebrei (o comunque di etnia non approvata) o che in qualche modo offendevano l’ideologia nazista erano banditi e chiunque ne fosse stato in possesso avrebbe corso grossi rischi. Per tutelarsi, quindi, l’editore che contattò Tolkien chiese all’autore una certificazione, nella quale lo scrittore dichiarasse di essere ariano.

Tolkien, che non era assolutamente un nazista, la prese così male che, sul momento, scrisse una risposta sarcastica e feroce; poi, però, dato che al momento non navigava nell’oro, decise di essere più mite e assecondare la richiesta dei tedeschi.

La lettera ‘cattiva’ che non fu mai spedita è oggi di pubblico dominio, e il testo è ancora oggi una meravigliosa risposta a tutto quanto di sporco e sbagliato rappresentava il nazismo:

 

Cari Signori,

grazie per la vostra lettera. […] Temo di non aver capito chiaramente che cosa intendete per arisch. Io non sono di origine ariana, cioè indo–iraniana; per quanto ne so, nessuno dei miei antenati parlava indostano, persiano, gitano o altri dialetti derivati. Ma se Voi volevate scoprire se sono di origine ebrea, posso solo rispondere che purtroppo non sembra che tra i miei antenati ci siano membri di quel popolo così dotato. Il mio bis–bis–nonno venne in Inghilterra dalla Germania nel diciottesimo secolo: la gran parte dei miei avi è quindi squisitamente inglese e io sono assolutamente inglese, il che dovrebbe bastare. Sono sempre stato solito, tuttavia, considerare il mio nome germanico con orgoglio e ho continuato a farlo anche durante il periodo dell’ultima deplorevole guerra, durante la quale ho servito nell’esercito inglese. Non posso, tuttavia, trattenermi dall’osservare che se indagini così impertinenti e irrilevanti dovessero diventare la regola nelle questioni della letteratura, allora manca poco al giorno in cui un nome germanico non sarà più motivo di orgoglio.

La Vostra indagine è sicuramente dovuta all’obbligo di adeguarsi alla legge del Vostro paese, ma che questa debba anche essere applicata alle persone di un altro stato è scorretto anche se avesse (ma non ce l’ha) a che fare con i meriti del mio lavoro o con la sua idoneità alla pubblicazione, lavoro del quale sembravate soddisfatti anche senza saper nulla della mia Abstammung.

Confidando che troverete soddisfacente questa risposta,

rimango il Vostro fedele J.R.R. Tolkien


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Come non volergli bene?

Ecco quindi la situazione di cui parlavo: un autore non-nazista scrive un libro che, mettetela come volete, non fa propaganda nazista, eppure la storia si presta, per temi e immagini, a sposare la peggior causa nazi-fascista.

Ecco dunque gli elfi: immortali, alti, biondi, bellissimi. Di razza pura, nobili e fieri per nascita, sono naturalmente posti al di sopra delle razze inferiori della Terra di Mezzo. Come non associarli alla pura razza ariana?

Ci sono poi orchi e goblin, creature sudice, stupide, infelici e corrotte, brutte a vedersi e orribili in tutto ciò che fanno, senza salvezza né redenzione – nell’intera cronaca tolkieniana non esiste un singolo caso di orco “buono” o che, semplicemente, non sposi la causa del male. Come non associarle alle etnie da sottomettere, come neri ed ebrei?

Dio esiste ed è una forza dominante – la profonda fede cristiana di Tolkien è presente e totalmente impossibile da ignorare, nelle sue opere – e la Sua approvazione va ai Giusti.

 

Eppure è tutta questione di prospettiva! Da bravo avvocato del diavolo innamorato del vecchio John Ronald Reuel, vi faccio notare che nella sua opera la salvezza del cosmo non viene da un Elfo Immortale, da un umano di sangue reale o da altri bianchissimi campioni splendenti.

L’eroe è un hobbit, una creatura bassa, debole e quasi ridicola, con scuri capelli riccioluti ed enormi piedi callosi e pelosi. Frodo e Samvise non sembrano proprio il perfetto ritratto del guerriero ariano, no?

Per non parlare di altri dettagli:

- Frodo e Sam riescono nella loro missione solo grazie all’aiuto di Gollum, creatura storpia e corrotta cui, fino alla fine, vengono concessi pietà e possibilità di redenzione.

- A combattere e fare gli eroi non sono solo e unicamente i maschietti: la potenza degli Elfi, che per secoli ha impedito a Sauron di controllare la Terra di Mezzo, è guidata dalla bellissima e terrificante regina Galadriel, per non parlare della coraggiosa e determinata Eowin, che affronta e sconfigge il re dei Nazgul (un brutto cliente per davvero).

- La vera vittoria degli eroi sta nel rifiutare la via più facile: Gandalf, Galadriel o Aragorn avrebbero potuto provare a usare l’Unico Anello per dominare il mondo e certo lo avrebbero fatto con le migliori intenzioni. Eppure, rifiutano: capiscono che ottenendo il potere in quel modo, non diventerebbero diversi dallo stesso Sauron che tanto disprezzano.

E così via e così via.

 

Vediamo quindi che non è solo questione di contesto, ma anche di prospettiva: gli stessi libri, visti con occhi diversi, sono stati portati quali bandiere di idee politiche e sociali diametralmente opposte.

Ogni opera si trasforma, nella mente di chi la legge, secondo i suoi bisogni e desideri. Eppure, nonostante questo, è innegabile che alcune opere hanno dato una determinata immagine del fantasy che, come continueremo a vedere, ha fatto i suoi danni.

Nel prossimo episodio, infatti, parleremo di maschilismo e machismo tossico.